life’s a *itch, soprattutto a pasqua (vita vissuta, stupri e figure di merda)

Miei cari, è Pasqua e posso dire di aver onorato la festa. Auguri innanzi tutto: io nell’uovo ho trovato un paio di stupri e una bella figura di merda. Ma andiamo con ordine. Questa sera, complice la totale mancanza di serate interessanti in quel di Roma, ho deciso di regalarmi una bella visita all’Alpheus. Ora, per chi non lo sapesse, il sabato all’Alpheus è il mischione gay più incasinato e trash della movida frocia romana, da prendere a piccole, minuscole dosi e accompagnato solamente da grosse sorsate di alcol. Devo dire che quello non è mancato sin da subito: dopo aver ancheggiato al ritmo di Rihanna, Britney e Madonna (nella sala commerciale non viene messo altro, a rotazione, fin quando le orecchie non iniziano a sanguinare e non hai visioni mistiche della Ciccone avvolta da raggi di luce e un coro di angeli con le facce delle Spice Girls) per quindici minuti, ci siamo serviti dal barista, del quale sono innamorato, che ha tirato fuori da una strana caraffa che teneva sotto il bancone un invisibile alla fragola che sapeva di Rio Casamia misto a spirito puro. Inebriato da cotanta meraviglia, ho imboccato col mio amico G. la dark room. Ora, che ci crediate o no, in anni di onorata carriera io non ero mai entrato in una dark room. Bisogna iniziare col dire che il “dark” non è un eufemismo: non si vede un cazzo. O meglio, quelli si vedono, flebilmente illuminati da accendini e/o schermi di cellulari. Saldamente aggrappato al cappuccio di G., mi guardavo intorno atterrito scorgendo gente che rispondeva a SMS con una mano e con l’altra si aiutava nel suonare pifferi, e non parlo di musica. Tanto romanticismo tutto insieme mi ha fatto un certo effetto, e credo che l’ambiente mi sarebbe anche piaciuto se non avessi sentito, contemporaneamente, una mano sul culo e altre due che mi bloccavano le braccia. Divincolandomi da tentacoli che non sapevo nemmeno da dove provenissero, non potevo che sussurrare ossessivamente “Usciamo? Usciamo?”. Una volta guadagnata la salvezza da morte certa, ho sentito l’esigenza di uscire all’aperto a maniche corte, un po’ per prendere una bronchite e un po’ per fumare una sigaretta. Rientrato, sono stato attratto dalla musica celestiale (forse Piece of Me di Britney, non ricordo): è stato allora che l’ho visto. Tra checche ignobili e cafoni in canotta c’era lui. Bello, biondo, vestito malissimo (giacca di velluto nera e maglietta D&G in bella vista) ma semplicemente irresistibile. Un colpo di fulmine istantaneo corroborato dal commento di G.: “Daje che entra in dark, seguiamolo”. E lì ho pensato: “Ok, lo seguirò ovunque, mi sono innamorato di lui. Lo seguirò in dark e ci conosceremo così, e parleremo e lui capirà che vuole passare la vita con me”. Come ho potuto dubitare della sua integrità morale? Non è affatto entrato in dark, anzi si è messo lì in un angolo, solo. Voi direte, un’occasione d’oro. La stessa cosa che deve aver pensato S. quando, anche lei vittima dell’invisibile e tronfia di una faccia di culo post-atomica, è andata da lui e gli ha detto: “Posso presentarti un mio amico?”… Cioè, roba che la terza media in confronto è il Rotary. E’ stato così che, letteralmente spintonato, mi sono ritrovato faccia a faccia con il ragazzo del quale mi ero appena innamorato. Ora, io non credevo di essere tanto idiota. Ho parlato altre volte con degli sconosciuti, non sono questo emblema di spigliatezza ma so che posso farcela. Eppure, tutto quello che sono stato in grado di fare è stato farfugliargli il mio nome sotto al frastuono della house, e aggiungere un patetico: “Ok, scusa eh… Ciao”, per poi supplicare G. e S., davanti a lui, di andare. E così, con il ragazzo che amavo che mi osservava stupito e gli altri due che pensavano di me tutto il male possibile, mi sono allontanato con le pive nel sacco e la certezza che mi riverginizzerò a breve e vincerò il Mongolino D’Oro 2008. Cazzo, sono tipo l’impedito cosmico numero 1 al mondo. Quando credete di essere timidi, o schivi, o schiappe, o coglioni, pensate a me e il mondo vi sorriderà. Ora sono il deficiente dell’anno per i miei amici (quelli che non c’erano stasera sapranno dell’accaduto molto presto, inutile dirlo) e ho perso quelle sei o sette secchiate di fiducia in me stesso così, tanto per gradire. Vorrei chiedere scusa pubblicamente a te, ragazzo bellissimo e vestito male. Sappi che sono stato innamorato di te per dodici minuti buoni, e se fossi anche solo una virgola meno testa di cazzo di quanto sono, per noi il futuro sarebbe stato roseo.

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Di popslut

Il neologismo puttan-pop nasce con popslut, e qui trova la sua teorizzazione e il suo osservatorio privilegiato. Con puttan-pop si intende quella branca del pop, inteso come showbiz (quindi musica, cinema e qualsiasi altro tipo di arte) che ha tra i suoi ingredienti il culto del personaggio e qualsiasi forma di sgualdrinaggine, reale o simulata, come ingrediente e veicolo. Il puttan-pop non è solo questione di musica, ma anche e soprattutto quello che ci gira intorno: una sgualdrina pop (donna o uomo che sia) è un mondo a parte fatto di video musicali, servizi fotografici, fan impazziti, e soprattutto gossip. I tabloid contemporanei sono un po’ quello che erano i boia ai tempi delle esecuzioni capitali sulla pubblica piazza: sacrificano queste star pop per il divertimento del popolo, sbattendo la loro vita privata in copertina, spesso diventando complici del loro successo. Il tutto è talmente imputtanito che spesso le vittime si alleano coi carnefici, facendo dei pettegolezzi che le riguardano uno stratagemma per non finire nel dimenticatoio.

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