“friday mi ha rovinato la vita”: rebecca black è tornata e si confessa a cuore aperto

Era il 2011 quando la allora tredicenne Rebecca Black divenne uno dei primissimi meme viventi della storia con la sua canzoncina Friday. Ve la ricordate? Aveva girato il video tramite un’agenzia pagata da sua madre, il risultato era molto home made, ma la canzone divenne un tormentone con il bollino “trash” appiccicato sopra, molto prima che il trash diventasse un linguaggio estetico apprezzato in tutto il mondo. Rebecca Black, insomma, è stata una pioniera e un’icona di stile, ma le cose non sono andate esattamente bene per lei dopo quella esperienza. Depressione, cyber bullismo, dislike a pioggia per uno dei video più visti della storia di YouTube. Qualche giorno fa, Rebecca è tornata alla ribalta con un post su Instagram nel quale parla della depressione dopo il periodo Friday, e che ha generato un servizio di I-d Magazine che cerca di indagare gli svantaggi della sovraesposizione nell’era pre-influencer.

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*swipe ->* 9 years ago today a music video for a song called “friday” was uploaded to the internet. above all things, i just wish i could go back and talk to my 13 year old self who was terribly ashamed of herself and afraid of the world. to my 15 year old self who felt like she had nobody to talk to about the depression she faced. to my 17 year old self who would get to school only to get food thrown at her and her friends. to my 19 year old self who had almost every producer/songwriter tell me they’d never work with me. hell, to myself a few days ago who felt disgusting when she looked in the mirror! i’m trying to remind myself more and more that every day is a new opportunity to shift your reality and lift your spirit. you are not defined by any one choice or thing. time heals and nothing is finite. it’s a process that’s never too late to begin. and so, here we go! this might be a weird thing to post but the honesty feels good if nothing else. 🤍

Un post condiviso da Rebecca Black (@msrebeccablack) in data:

“Vorrei davvero poter tornare indietro e parlare con la me stessa tredicenne, che provava una vergogna incredibile nei confronti di se stessa e terrore del mondo”, dice Rebecca. “E poi con la me stessa quindicenne, che non parlava con nessuno a causa della depressione. O la me stessa diciassettenne, che riceveva cibo in faccia a scuola. A 19 anni, quasi ogni produttore o compositore mi diceva che non avrebbe mai lavorato con me. E vorrei parlare anche alla me stessa di qualche giorno fa, che si è guardata allo specchio trovandosi disgustosa. Cerco di ricordarmi sempre che ogni giorno è una nuova opportunità. Il tempo cura tutto, e nulla è per sempre”.

Rebecca racconta di come il successo esplosivo di Friday l’abbia portata a fare scelte che hanno avuto ripercussioni enormi sulla sua crescita. Pochi mesi dopo l’uscita del video ha abbandonato la scuola per studiare da casa e concentrarsi sulla sua carriera di popstar, che non è mai decollata, e a 18 anni è andata a vivere da sola a Los Angeles. “Non avevo abbastanza fiducia in me stessa per sapere che cosa stessi facendo, e tutti intorno a me continuavano a ripetermi quanto fossi sconsiderata. Siamo tutti molto fragili quando siamo giovani, e le persone non si rendono conto che dire una cosa cattiva a un ragazzino o una ragazzina è qualcosa che rimarrà nelle loro menti per sempre. Ho sofferto di dismorfofobia per anni. Mi hanno detto che avevo le braccia troppo grosse, e per sei o sette anni o pensato ‘merda’ ogni volta che indossavo una canottiera”.

Gli unici che nel corso della sua vita hanno dato conforto a Rebecca? I gay, of course. “Credo che molte persone abbiano realizzato che la comunità LGBTQ è sempre due passi avanti rispetto agli altri in termini di accettazione, apertura mentale, moda, bellezza e trend”, dice nell’intervista. “Sono parte di una generazione estremamente fluida, e ognuno ha un proprio percorso in questo senso. Non ho frequentato solamente uomini nella mia vita, ma sto ancora cercando di capire come sono veramente”.

Oggi, Rebecca non ha rinunciato al suo sogno di cantare. Le piace scrivere canzoni sul potere delle donne, come il nuovo singolo Closer. Nel corso degli anni ha costruito un rapporto particolare coi fan più assidui, tramite il suo Patreon. “Conosco i loro nomi, i nomi dei loro animali, in quale scuola vanno”, racconta. E su Friday, nove anni dopo, ha sviluppato un nuovo livello di affezione. “Ora so come considerarla: come la dolce canzoncina che era”.

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Di popslut

Il neologismo puttan-pop nasce con popslut, e qui trova la sua teorizzazione e il suo osservatorio privilegiato. Con puttan-pop si intende quella branca del pop, inteso come showbiz (quindi musica, cinema e qualsiasi altro tipo di arte) che ha tra i suoi ingredienti il culto del personaggio e qualsiasi forma di sgualdrinaggine, reale o simulata, come ingrediente e veicolo. Il puttan-pop non è solo questione di musica, ma anche e soprattutto quello che ci gira intorno: una sgualdrina pop (donna o uomo che sia) è un mondo a parte fatto di video musicali, servizi fotografici, fan impazziti, e soprattutto gossip. I tabloid contemporanei sono un po’ quello che erano i boia ai tempi delle esecuzioni capitali sulla pubblica piazza: sacrificano queste star pop per il divertimento del popolo, sbattendo la loro vita privata in copertina, spesso diventando complici del loro successo. Il tutto è talmente imputtanito che spesso le vittime si alleano coi carnefici, facendo dei pettegolezzi che le riguardano uno stratagemma per non finire nel dimenticatoio.

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