Carissima Santa Spears,
so che in questo periodo hai molto da fare tra i reel su Instagram e cercare di restare incinta ma ehi, oggi è il tuo compleanno! E non è un compleanno come tutti gli altri, perché sebbene non sia educato rivelare l’età di una divinità tutti lo sanno, quest’anno compi quarant’anni.
Le parole non possono esprimere né tutto il mio amore né la mia felicità per questo traguardo, sia perché nell’ultima decade abbondante hanno provato a farti fuori in tutti i modi, sia perché nonostante tutto quello che hai passato sei fresca come una rosa (RED!) E non dimostri più della metà dei tuoi lustri.
Come se non bastasse, questo è un periodo a dir poco magnifico per te: ti sei finalmente liberata dalle tenaglie della conservatorship e ora sei libera di girare su te stessa tutto il tempo che vuoi, oltre al fatto che finalmente puoi dedicarti a sfornare un altro pargolo e voglio dire, con quel manzo per le mani ti assicuro che cercherei disperatamente di restare incinto pure io. Provare non costa niente, come ci hai insegnato mille volte anche tu.
Ti scrivo questa umile lettera quest’anno con ancora più gioia perché, ahimè e sebbene non ci sia arrivato splendido come te, so benissimo che cosa vuol dire giungere ai quaranta e devo dire che col senno di poi è stato il traguardo migliore che abbia mai toccato nella mia vita.
Non credo in molte cose, a parte in te e nei carboidrati, ogni tanto nell’amore quando sento un bisogno urgente di prendere una fregatura, ma per il resto sono uno scettico di primissima categoria. Eppure, Santa Spears, credo fermamente che nel software di sistema degli esseri umani ci sia un programma che parte in background al raggiungimento del quarantesimo compleanno, che in modo più o meno palese stravolge tutto quello che credevamo fosse importante e ci rende più consapevoli nel giro di una notte, e soprattutto meno disposti a inseguire tutte quelle stronzate che ritenevamo importantissime e fondamentali nella nostra vita.
Per dirti, a 39 anni io avevo più o meno tutto quello che credevo di meritarmi: un lavoro più o meno decente, una relazione monogama stabile e duratura, degli amici che mi volevano bene e la tua musica. Che cos’altro potevo desiderare? Bella domanda.
È stato allo scoccare dei quaranta, però, che una vocina subdola ha iniziato ad affacciarsi in un angolo del mio cervello intorpidito da tutte queste sicurezze. Dapprima era molto bassa, facevo quasi fatica a distinguerla in mezzo al rumore assordante delle mie sinapsi. Sembrava te che canti Like A Prayer di Madonna, per intenderci. E così per un po’ sono andato avanti con la mia vita, con il panorama di sensazioni sempre uguali a se stesse che si ripeteva sullo sfondo.
Poi un bel giorno la suddetta vocina ha iniziato a prendersi delle libertà, e un po’ come te quando hai deciso che dovevi cantare You Oughta Know di Alanis Morissette con gli occhiali da sole e completamente live sebbene tuo padre non fosse d’accordo, quella mi ha fatto un bel discorsetto e mi ha lasciato nella merda.
E così ho scoperto l’amara verità: il sapore di tutto quello che avevo e che facevo era terribilmente blando e non mi somigliava nemmeno un po’. E tutta quella rabbia, quella insoddisfazione che provavo, non era minimamente colpa della società brutta e cattiva, della crisi climatica, o di Christina Aguilera. Era tutto fottutamente colpa mia. Dalla prima all’ultima briciola, ero io che mi stavo scavando la fossa da solo. E sebbene quella fossa sembrasse anche caruccia vista da fuori, in realtà era una cazzo di bara che mi avrebbe portato all’autodistruzione prima che potessi raggiungere i quarantuno.
Le canne, i Long Island e la Switch andavano anche abbastanza bene per non pensarci, ma poi la consapevolezza ha iniziato a decidere per me e ho iniziato a smettere di dormire. Zero, finito il sonno, chiusa qua. Ero diventato Lindsay Lohan a Mykonos, ma senza Mykonos: solo un soppalco stretto nel quale fissavo le travi di legno e aspettavo che quella roba passasse da sola, sperando che il rumore dei miei pensieri non svegliasse chi avevo accanto.
Ora tu dirai, io già c’ho avuto un anno difficile, mo’ tu perché mi devi attaccare ‘sto pippone amaro che sto festeggiando il compleanno cavalcando un manzo? Hai ragione, ma lasciami dimostrare perché come al solito vedo che la mia vita e la tua hanno tante di quelle similitudini che mi rendono chiaro perché tu sia la mia anima gemella e perché io ti ami così tanto.
Il fatto è che a quarant’anni suonati mi sono trovato di fronte a un bivio: avrei potuto tranquillamente continuare così, in una residency perenne a Las Vegas, facendo uscire album palesemente non cantati da me. Oppure, avrei potuto prendermi la responsabilità dei miei pensieri e decidere di essere un filo più autentico e simile all’idea che avevo di me stesso.
Perché questa storia dell’autenticità, che da fuori sembra solo una bella frase da dire quando hai voglia di citare Lady Gaga o Almodovar, è in realtà così reale da fare male se non ti riconosci allo specchio.
E allora, tu dirai, che cosa ho fatto? Esattamente quello che hai fatto tu: ho iniziato a dire quello che pensavo. Un po’ come quando tu hai incrociato le braccia e ti sei rifiutata di fare Domination, io ho tirato fuori il marcio e mi sono rifiutato di fare qualsiasi cosa stessi facendo in quel momento che mi rendeva così insoddisfatto, in primis continuare a fare finta che andasse tutto bene.
E siccome noi siamo persone drammatiche fino al midollo, mia cara Britney, il Fato ha deciso di metterci del suo e mandare per l’occasione la fine del mondo. Per fartela breve, mi sono ritrovato a combattere per il mio diritto al cambiamento confinato in casa, mentre fuori l’umanità combatteva contro un nemico incazzosissimo che avrebbe stravolto per sempre le cose per come le conoscevamo: Miss Rona!
Non ti nascondo che più di una volta ho pensato che mi sarei bevuto il cervello definitivamente, e non credo che questa per te sia una sensazione sconosciuta. Quel feeling di perdita dei freni inibitori che ti fa venir voglia di uscire di casa con la maglietta completamente coperta di strutto non è una novità per te, ma ecco in quel periodo si poteva uscire solo per fare la fila al supermercato, quindi manco a dire che potessi sfogarmi organizzando un’uscita con Paris Hilton.
Devo dire che in quel periodo tu hai fatto moltissimo per me, intrattenendomi come mai avevi fatto nella tua vita, tranne forse quando è uscito Blackout. Quante ne hai fatte durante la quarantena, vecchia pazza? Hai distrutto il capitalismo, hai battuto il record del mondo dei cento metri, hai dato fuoco a qualsiasi cosa e hai fatto uscire il tuo fidanzato con un reggipalle al posto della mascherina, tanto per dirne qualcuna. Colgo l’occasione per ringraziarti con tutto il cuore per avermi tenuto in vita con le tue mirabolanti imprese.
In mezzo a questo, ho cercato di riprendermi la mia salute mentale appesa a un filo, cercando aiuto nei posti giusti e senza vergogna, perché cazzo non c’è niente di più importante della salute mentale per stare in pace con se stessi e con gli altri, e non è qualcosa che possiamo far finta di saper gestire mentre camminiamo sulle sabbie mobili. Nei primi anni 2000 eravamo spensierati e convinti di poter ridere su tutto, ma se c’è una cosa che questa strana evoluzione dell’umanità mi ha insegnato è che quando prendi per il culo la “pazzia” di qualcun altro forse il primo matto sei tu, e faresti bene a starci attento.
Ho combattuto la vergogna e non è stato semplice, quella stronza è piuttosto corazzata. Ma continuavo a guardarti e capivo nonostante i mille filtri (di Instagram e non) che tu eri l’esempio da seguire: ormai la merda stava per venire a galla e tu stavi combattendo, e così avrei dovuto fare io.
E guarda un po’? Le cose hanno iniziato ad andare come dovevano andare. Non come immaginavo che fossero, non come volevo che fossero, semplicemente lungo una linea meno intrisa di stronzate. Ci è voluto tanto, tantissimo tempo e un bel po’ di Xanax, con in mezzo altri lockdown e altre separazioni dolorosissime, ma il breakup più difficile che ho dovuto affrontare è stato con il me stesso pre-quaranta, che ha fatto di tutto per non lasciarmi andare. Alla fine, proprio come tuo padre, si è arreso di fronte all’evidenza: non avevamo più niente da spartire, potevamo anche continuare a volerci bene, potevamo ricordarci per sempre uno dell’altro, ma ora ognuno per la sua strada.
Che cosa è cambiato? Da fuori, praticamente nulla. Non sono diventato un Hare Krishna come Geri Halliwell nel 2007, né mi sono tagliato i capelli a zero brandendo un ombrello come hai fatto tu, ma tu sei tu e sei iconica e sei il miglior essere umano del mondo. Diciamo che io mi sono rasato a zero internamente, e cazzo se è stato liberatorio. Tutto quello che mi circonda, oggi, mi somiglia un po’ di più. Ho un’idea un filo più chiara di dove sto andando e forse come te non tornerò sui palchi per un po’, ma so che nel momento in cui le luci si poseranno di nuovo su di me potrò presentarmi a testa alta.
C’è ancora tanto da fare, ma almeno so un po’ di più quello che sto facendo, e la paura e la vergogna non sono più i parametri con i quali decido come muovermi. È per questo che sono felicissimo di vederti libera dalle tue zavorre, felicissimo di saperti in grado finalmente di riprendere in mano la tua vita, di sbagliare, di amare, di strafogati di Cheetos e di essere semplicemente te stessa.
Ora che hai compiuto quarant’anni andrà ancora meglio: adesso, davvero, non ti può fermare più nessuno.
Perdonami se ti ho attaccato un torrone infinito, ma la data è importante e desideravo celebrarla dicendoti tutto quello che mi ardeva dentro. Ciò nonostante, non potrò mai esprimere a parole quanto sia felice di avere avuto la grandissima fortuna di esistere su questa Terra nello stesso momento in cui ci sei tu.
Qualsiasi cosa tu decida di fare del tuo futuro io ti supporterò e ti difenderò contro le malelingue, quindi prenditi tutto il tempo del mondo per inseguire i tuoi sogni (quelli reali) e ricordati che noi Spearsanisti siamo qua pronti a scendere in piazza in qualunque momento tu abbia bisogno di noi.
Auguri Santa Spears, e sappi che c’è qualcosa che per quanto mi riguarda non cambierà mai, che io abbia vent’anni o trecento: il mio amore infinito per te.
xoxo
Francesco